NONOSTANTE L’AGENZIA DELLE ENTRATE AVESSE ERRONEAMENTE ESTESO ALL’ AMMINISTRATORE DI FATTO LA RESPONSABILITÀ PER LE SANZIONI PECUNIARIE, SI COSTITUISCE UGUALMENTE IN SECONDO GRADO, E VIENE DICHIARATA SOCCOMBENTE DAL GIUDICE

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FATTO E DIRITTO

Nella sentenza del 20/10/2020 n. 2392 della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, alla Sezione 22, ha statuito che: con ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano rubricati a1 n. 4214/2017 e 4215/2017 R.G.R (riuniti), A. D. impugnava gli avvisi (di accertamento ndr) n° TXXXXXXXXX/2017 e n° TYYYYYYYYY/2017 nei quali veniva individuato quale amministratore di fatto di T. soc. coop. a.r.l. in liquidazione e ritenuto responsabile in solido per le sanzioni per i periodi di imposta 2011 e 2012.

La commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 1422/16/2019 depositata il 27/03/2019, ritenuta provata la qualifica di amministratore di fatto del ricorrente, respinge i ricorsi riuniti e compensa le spese in ragione della complessità.

Propone appello il sig. D. A. eccependo 1) l’insussistenza della responsabilità solidale per le sanzioni essendo le sanzioni amministrative a carico esclusivo della persona giuridica nei confronti della quale è contestata la violazione tributaria 2) la nullità degli avvisi di accertamento per violazione del contraddittorio preventivo e dell’art. 7 Legge 27 luglio 2000.

Conclude pertanto chiedendo di voler annullare e/o comunque riformare la sentenza impugnata.

Si costituisce l’Agenzia delle Entrate formulando le proprie controdeduzioni nelle quali eccepisce l’infondatezza dell’appello di controparte ribadendo la responsabilità solidale per le sanzioni in capo al sig. A. nonché la insussistenza di alcun obbligo per l’amministrazione finanziaria di avviare il contraddittorio, non ricorrendo un obbligo generale di contraddittorio, né uno dei casi in cui qualche disposizione speciale prevedeva diversamente.

Conclude, pertanto, chiedendo di rigettare l’appello confermando la sentenza impugnata e per l’effetto dichiarare la legittimità degli atti impugnati nonché condannare la parte avversa alla rifusione delle spese legali per entrambi i gradi di giudizio.

L’appello viene discusso e deciso nell’udienza del 23/09/2020.

In via preliminare il legale del ricorrente durante l’udienza produceva copia delle sentenze n. 4303/16/2018, 5927/12/18 e 193/16/2020 emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano e sentenza n. 4308/2019 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia, la parte Resistente non si opponeva.

Le parti, chiedevano in sede di udienza la unificazione della discussione dei ricorsi rubricati RG 4022/2019 e RG 3219/2019.

La commissione esaminata la documentazione agli atti, non ha ritenuto possibile l’unificazione dei processi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ritiene legittime le motivazioni, con cui il ricorrente lamenta la violazione del D.L. n. 269 del 2003art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003, per avere la CTP erroneamente esteso all’ amministratore di fatto la responsabilità per le sanzioni amministrative pecuniarie applicate alla società. L’art. del D.L. 269/2003, nell’affermare che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica” esclude chiaramente ogni forma di (co)responsabilità amministrativa dell’autore materiale dell’illecito fiscale, sia esso formalmente investito del potere di amministrazione o mero gestore di fatto.

In senso conforme si richiama la sentenza n. 10975 del 18 aprile 2019 con cui la Cassazione ha ribadito che ” Le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 9, che non può costituire deroga al predetto art. 7ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. n. 472, ma solo in quanto compatibili” (confermando così un consolidato orientamento giurisprudenziale: ex multis Cass. nn. 19716/2013, 4775/2016, 25284/2017).

In via di principio, in presenza di violazioni delle norme fiscali commesse da un amministratore di fatto di società di capitali o enti con personalità giuridica, l’unico soggetto cui è ascrivibile la responsabilità amministrativa è l’Ente.

Tuttavia, tale principio non opera nell’ipotesi di società artificiosamente costituita, poiché in tal caso la persona giuridica è una mera fictio creata nell’interesse della persona fisica, esclusiva beneficiaria delle violazioni, sicché non vi è alcuna differenza fra trasgressore e contribuente (Cass. 10975/2019).

Nel caso di specie, le sanzioni erano state contestate sia alla società che al suo presunto amministratore di fatto.

Trovando applicazione la regola della riferibilità esclusiva alle persone giuridiche delle sanzioni amministrative tributarie, introdotta dall’art. 7, c. 1, d.l. n. 269 del 2003, l’amministratore di fatto non poteva essere chiamato a rispondere, in via solidale, per il pagamento di sanzioni elevate a carico della società, non soltanto perché comminate in epoca successiva rispetto all’entrata in vigore della richiamata norma, ma anche e soprattutto in considerazione della mancata prova in ordine al profitto che il medesimo avrebbe realizzato dalle violazioni contestate alla società.

Risulta assorbito ogni altro motivo di appello in quanto risulta illegittima per carenza di legittimazione passiva e, per i motivi sopra illustrati, l’attribuzione di responsabilità solidale al contribuente delle violazioni della società.

Il collegio ritiene, comunque anche fondato il principio del contraddittorio, che è posto a garanzia e tutela del contribuente ed è da ritenersi elemento essenziale e imprescindibile ai fini della regolarità della condotta dell’Amministrazione, come sancito in numerose pronunce della Cassazione (si vedano le sentenze della Suprema Corte di Cassazione n. 26635 del 2009, n. 18906 del 2011 e n. 14026 del 2012).

La Commissione accoglie l’appello, e in ragione della complessità e particolarità della materia trattata e soprattutto della complessità della vicenda sottesa alla causa dispone la compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M

La Commissione Tributaria Regionale di Milano, Accoglie l’appello del contribuente e compensa le spese.