La pattuizione era nulla per indeterminatezza e indeterminabilità e doveva essere assoggettata a tassazione in misura fissa e non proporzionale; Commissione per la Lombardia accoglie l’appello proposto dal contribuente annullando gli originari atti impositivi dell’Agenzia erariale

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 Nella Sentenza del 24/11/2020 n. 2705 della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia Sezione/Collegio 11 abbiamo visto che con atto di citazione notificato in data 13-16/6/2014, A.-A. del L. S.p.A. conveniva in giudizio il B. P. S. C. deducendo – in relazione al contratto di conto corrente ordinario assistito da apertura di credito ed al conto anticipi l’illegittima applicazione di tassi di interesse ultra-legali, commissioni di massimo scoperto, corrispettivo di disponibilità creditizia e indennità di sconfinamento, spese e valute non concordati, nonché l’illegittima applicazione di interessi oltre il tasso soglia usura ex L.108/96 e L.2/2009 art 2 bis, con condanna della Banca alla restituzione di tutte le somme illegittimamente addebitate o riscosse oltre interessi e rivalutazione monetaria ed al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

All’esito del giudizio, il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2312/2016 dep. il 23/02/2016 – accoglieva la domanda attorea e per l’effetto accertava una differenza rispetto al saldo della Banca a favore del correntista A. A. per il L. S.p.A. Seguiva ricorso della A. avanti al Tribunale di Milano, medesima sezione sesta (RGR 39302/2014 SUB n.1) per correzione di errore materiale e, all’udienza del 22/03/2016, il G.O. così statuiva: “dispone che al punto due dopo “accerta … spa” sia aggiunta la seguente statuizione: ” per l’effetto condanna B. P. soc. coop ……… .. alla restituzione dell’importo di euro 335.225, 16 in favore di parte attrice. Su detto importo devono calcolarsi gli interessi al tasso legale dal 13. 08. 2012

In data 2018, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Milano, notificava, a mezzo PEC, l’avviso di liquidazione (dell’Imposta ed irrogazione delle sanzioni) N. in relazione alla citata Sentenza Civile del 23/02/2016 con la seguente motivazione

enunciazione titoli soggetti ad iva: euro 200,00 (euro 200,00 x 1 – artt. 5, 22 dpr 131/86 e 1 tariffa parte ii); condanna al pagamento di somme f.c. iva pari ad euro 335.255,16: euro 10.058,00 aliq 3% art. 8 tariffa parte i; condanna al pagamento di interessi f.c. iva pari ad euro 16.724,18; euro 502,00 (aliq. 3% – artt. 15 dpr 633/72 e 8 tariffa parte i).

II B. ha impugnato l’avviso di liquidazione eccependo

– la violazione dell’art. 7 della L. 212/2000, nonché degli artt. 3 e 21-septies della L. 241/1990, per difetto di motivazione dell’atto impugnato;

– la falsa e/o errata applicazione dell’art. 8 lett. b) della Tariffa Parte Prima allegata al DPR 131/1986 e la asserita violazione dell’art. 8 lett. e) della Tariffa Parte Prima allegata a/DPR 131/1986;

– la violazione dell’art. 40 del DPR 131/1986in combinato disposto con la nota II all’art. 8 della Tariffa Parte I allegata al DPR 131/1986;

– l’errata applicazione dell’art. 15 del DPR 633/1972

Eccepiva in particolare il difetto di motivazione mancando l’indicazione del tasso e del metodo di calcolo, i contribuenti non sono stati posti nella condizione di controllare la correttezza del calcolo degli interessi operato dall’Agenzia, perché non reca l’indicazione del titolo enunciato assoggettato a imposta fissa; perché non recava l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per le quali ha considerato “Fuori Campo Iva” la somma di euro 335.255,16; non recava l’indicazione del procedimento seguito, dei tassi applicati e dei calcoli effettuati (termine iniziale e finale) per la determinazione dell’importo complessivo di euro 16.724,18 a titolo di interessi; non recava l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per le quali ha considerato i citati interessi “Fuori Campo Iva” ai sensi dell’art. 15 DPR 633/72.

Deduce inoltre che l’impugnato avviso di liquidazione sarebbe illegittimo ed anche infondato in quanto l’A.F. quale attore sostanziale nel processo tributario, avrebbe dovuto provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., gli elementi su cui ha basato la pretesa tributaria.

Nel caso di specie invece l’Ufficio erariale non avrebbe provato i presupposti di fatto e di diritto alla base della imposta fissa né il procedimento di liquidazione seguito per la quantificazione degli interessi, né ancora avrebbe provato i presupposti di fatto e le ragioni di diritto per le quali ha considerato “Fuori Campo Iva” l’importo oggetto di restituzione e i relativi interessi.

Ha inoltre eccepito la violazione dell’art. 40 del D.P.R. 131/1986 in combinato disposto con la nota II art. 8, della Tariffa, Parte prima D.P.R. 131/1986 per avvenuta dedotta violazione del principio di alternatività IVA/Registro.

L ‘AF per contro, ritualmente costituitasi quale appellata anche in secondo grado, in ragione di tutto quanto già in precedenza esposto ed argomentato rivendicava, anche in questa sede di gravame, la piena legittimità formale e sostanziale dell’avviso di liquidazione oggetto di giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello e la condanna della parte contribuente ricorrente alle spese di giudizio e riproponendo sostanzialmente le argomentazioni già rassegnate in primo grado a sostegno della piena legittimità dell’azione impositiva.

Il Collegio odierno giudicante, procedeva agli adempimenti processuali di legge e quindi, all’ esito, alla camera di consiglio per la deliberazione della decisione.

Deve ritenersi, preliminarmente ed in rito, sussistente la giurisdizione dell’adita Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Pure deve ritenersi correttamente radicata la competenza per territorio e per materia dell’adita Autorità Giudiziaria Tributaria.

In via preliminare il Collegio odierno giudicante condivide quanto statuito ed affermato dalla Corte di Cassazione con la sua pronunzia n. 32954/2018 secondo cui in via generale, va rilevato che, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del D. lgs. n. 546/1992 secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi“, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito.

Tale principio, più volte applicato quando all’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte privata a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l’atto introduttivo (tra le molteCass. 1200/2016, 16163/20167639/2017 9937/2019 e 11061/2018).

Ciò non significa, peraltro, che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso, infatti, può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo “l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (Sez. U, n. 27199/2017), i motivi d’appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l’atto d’appello contenga una esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicché essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall’intero atto d’impugnazione.

Va dunque affermato il seguente principio di diritto: “in tema di contenzioso tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del D. lgs. n. 546/1992 il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini in equivoci”.

L‘appello proposto è fondato in quanto corretta la tassazione in misura fissa di cui alla lettera e) dell’art. 8 della Tariffa parte prima allegata al DPR n. 131/1986 applicabile nei casi (come nella fattispecie in esame) di atti dell’Autorità Giudiziaria che “dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorchè portanti condanna alla restituzione di somme o beni, o la risoluzione di un contratto”.

II Tribunale Ordinario ha, infatti, accertato la nullità parziale dei contratti di conto corrente e dei tassi di interesse applicati e, per 1’effetto di quella nullità parziale delle clausole invalidate, ha condannato la banca alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

Del resto lo stesso passaggio della sentenza del tribunale ordinario di Milano appare del tutto evidenziare che dall’esame del contratto di conto corrente delle condizioni economiche sottoscritte non risultava la legittima pattuizione delle c.m.s.

Quest’ultima pattuizione … deve ritenersi nulla per indeterminatezza e indeterminabilità ex art. 1346 c.c. e 1418 c.c

Alla luce di quanto sopra per B. Spa, la sentenza del Tribunale di Milano appare rientrare univocamente proprio tra quegli atti “dell’autorità giudiziaria che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di somme o beni, o la risoluzione di un contratto” di cui all’art. 8 lett. e) DPR 131/86.

La stessa quindi deve correttamente quindi, essere assoggettata a tassazione in misura fissa.

Peraltro il Giudice civile ha accolto la sola domanda di condanna alla restituzione rigettando espressamente quella risarcitoria.

La condanna ha, pertanto, natura unicamente restitutoria sulla pregiudiziale (in premessa) della dichiarata nullità parziale del contratto bancario.

Inoltre come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17277 del 13/07/2017 secondo cui …… importando il capo decisionale di natura condannatoria la soluzione di una soluzione pregiudiziale, con accertamento con efficacia di giudicato tra le parti, sicchè del tutto erronea appare l’affermazione … secondo cui bisogna invece avere riguardo alla obbligazione di restituzione in sè, e non anche al rapporto obbligatorio sostanziale, la cui esistenza, validità ed efficacia condiziona l’accoglimento della pretesa restitutoria, ed imprescindibilmente richiede un preventivo accertamento, non avendo allegato l’esistenza di un precedente giudicato formatosi sul punto … … .

Né peraltro le somme, oggetto di condanna al pagamento, considerata la loro natura restitutoria possono in alcun modo correttamente ritenersi svincolate dal rapporto sottostante dell’operazione di finanziamento bancario (rapporto soggetto ad Iva), non certamente configurando alcuna autonoma obbligazione né una sorta di astrazione processuale della causa sottostante.

Erronea e non condivisibile peraltro appare anche l’affermazione della CTP di Milano secondo cui gli interessi, oggetto di tassazione, sarebbero strettamente collegati (per accessorietà) alla funzione restitutoria/risarcitoria delle somme dovute dal B. B. s.p.a. alla società attorea, con la conseguenza che gli stessi sarebbero fuori dal campo di applicazione dell’iva.

Del resto, come affermato dalla S.C. con pronunzia n. 9502 del 18/04/2018, anche gli interessi e la rivalutazione monetaria fanno parte del credito, sono meri accessori dell’obbligazione per il capitale, e non possono essere assoggettati ad una tassazione separata o disgiunta; quindi pure sotto tale profilo la sentenza della CTP va riformata con conseguente annullamento dell’impugnato avviso di liquidazione illegittimo perché ha assoggetta gli interessi, pure accessori della quota capitale soggetta ad Iva all’imposta proporzionale del 3 % in luogo di quella in misura fissa.

La adita CTR della Lombardia pertanto, alla luce di quanto sopra argomentato, accoglie l’appello proposto riformando, per l’effetto, integralmente l’impugnata sentenza di primo grado emessa dalla CTP di Milano.

Pronunzia sulle spese legali di lite e di procedura come nella parte dispositiva cui qui si rinvia.

Ogni altra e diversa questione, in rito ed in merito, definitivamente assorbita (cfr. Suprema Corte di Cassazione sentenza n. 11547/2013 secondo cui la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, come nel caso in esame, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande; non rientra tra le ipotesi di assorbimento la situazione in cui la decisione adottata non esclude la necessità, ne’ la possibilità di pronunciare sulle altre questioni prospettate dalla parte, la quale conserva interesse alla decisione sulle stesse; cfr. anche Cass. 7663/2012 e 264/2006).

Infatti, il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sede di Milano, Sezione Undicesima, in composizione collegiale, definitivamente pronunziando nella causa di cui al Ruolo Generale in epigrafe riportato, ogni contraria e diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, visti gli artt. 59 e 15 e ss. del D. Lgs. 546/1992.

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P.Q.M.

Accoglie l’appello proposto annullando, per l’effetto, gli originari atti impositivi impugnati dell’Agenzia erariale;

Condanna la parte appellata qui soccombente alla refusione delle spese legali del doppio grado di giudizio, qui liquidate in complessivi euro #1.000,00# per il primo grado di giudizio ed in ulteriori euro2.500,00 per il secondo grado di appello, oltre agli oneri ed accessori di legge;