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IRES e IRAP: L’UNICO MOTIVO DEL RICORRENTE E’ FONDATO, POSTO CHE IL FATTO OMESSO HA DETERMINATO L’ESITO DELLA CAUSA, CHE DIVERSAMENTE – OVE FOSSE STATO CONSIDERATO – AVREBBE CONDOTTO A UNA DIVERSA SOLUZIONE

L’UNICO MOTIVO DEL RICORRENTE E’ FONDATO, POSTO CHE IL FATTO OMESSO (LA CIRCOSTANZA CHE GLI IMPORTI INDICATI TRA QUELLI IN DIMINUZIONE NON COMPRENDEREBBERO LE IMPOSTE IRES E IRAP) HA DETERMINATO L’ESITO DELLA CAUSA, CHE DIVERSAMENTE – OVE FOSSE STATO CONSIDERATO – AVREBBE CONDOTTO A UNA DIVERSA SOLUZIONE La Corte accoglie il ricorso.

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FATTI DI CAUSA

La società contribuente ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2008, con il quale – a seguito di verifica conclusasi con PVC in data 7 settembre 2011 – ne veniva rideterminato il reddito imponibile ai fini IRES e il valore della produzione ai fini IRAP, oltre sanzioni.

La società contribuente – per quanto qui rileva – ha contestato il recupero a tassazione dell’importo di € 116.823,00, considerato dalla contribuente quale ristorno e portato quale variazione in diminuzione per il periodo di imposta in oggetto.

Diversamente, l’Ufficio ha considerato tale posta quale illegittimo risparmio di imposta, sia in quanto non si sarebbero potuti configurare ristorni in caso di bilancio in perdita – verificandosi in tal caso una indebita attribuzione di patrimonio ai soci – sia in quanto l’importo portato in deduzione dalla contribuente sarebbe stato formato da IRAP e IRES, portati integralmente tra le variazioni in diminuzione, e non nei limiti consentiti dalla legge (10% per IRAP, 70% per IRES e 30% per utile di esercizio).

La CTP ha rigettato il ricorso.

La società contribuente ha proposto appello, deducendo che l’importo contestato dall’Ufficio, pari ad € 115.744,00, considerato dall’Ufficio tra le variazioni in diminuzione, era stato portato tra le variazioni in aumento nel rigo della dichiarazione RF 17. La CTR della Puglia, con sentenza in data 18 settembre 2014, ha rigettato l’appello, confermando che la contribuente ha beneficiato di un illegittimo risparmio di imposta. La CTR ha ritenuto, in particolare, che parte contribuente abbia erroneamente riportato l’importo di € 116.823,00, composto dall’intero ammontare di IRES e IRAP, oltre che dall’utile di esercizio, sia tra le imposte indeducibili al rigo RF 17, sia tra le variazioni in diminuzione al rigo RF 54, laddove tra le variazioni in diminuzione si sarebbe dovuta indicare la sola quota ammessa per le società cooperative. Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio. il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dall’art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come inserito dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e motivazione apparente. Parte ricorrente premette di essere società cooperativa, osservando come la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 9 aprile 2008, n. 35/E stabilisce che i ristorni costituiscano uno degli strumenti per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa e, in quanto tali, deducibili dal reddito. Deduce il ricorrente di avere separatamente indicato al rigo RF 17 della dichiarazione le imposte non deducibili, per un (diverso rispetto a quanto dedotto dall’Ufficio) importo di € 115.744,00, come risulterebbe anche dalla specifica delle voci del calcolo imposte. Deduce, inoltre, il ricorrente come al rigo RF 54 della dichiarazione sarebbe stato riportato un diverso e maggior importo delle variazioni in diminuzione per ristorni, che non contempla le imposte, indicate tra le menzionate variazioni in aumento al rigo RF 17.

Evidenzia il ricorrente che il fatto storico è stato introdotto in giudizio sin dal primo grado di giudizio e deduce la decisività del fatto, in quanto l’omessa considerazione che le imposte non sarebbero state indicate nel rigo RF 54 avrebbe comportato la qualificazione delle imposte come ristorni. Deduce, sotto tale profilo, anche l’apparenza della motivazione. In memoria, il ricorrente sottolinea come le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado sarebbero diverse, posto che la sentenza di primo grado avrebbe rigettato il ricorso sul presupposto che non sarebbero consentiti ristorni in caso di bilanci in perdita. 2. Il ricorso è fondato. Il ricorrente ha illustrato, sia pur in memoria, come le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado siano diverse. In primo grado la CTP (la cui sentenza è stata ritualmente prodotta in allegato al ricorso, mettendo questa Corte in grado di esaminare ex actis le ragioni sulle quali la stessa si fonda), ha accertato (come trascritto dal contribuente in memoria) che: «La procedura seguita dalla società per i ristorni di € 116.823,00, invece, è irregolare. Infatti, essi sono stati portati come variazioni in diminuzione, sicché vi è stato un illegittimo risparmio di imposta, in quanto non può aversi […] l’erogazione di ristorni, al netto delle imposte di competenza dalla quale derivi la chiusura del bilancio in perdita […] così operando al socio si è dato un ristorno al netto delle sue imposte e non di quelle della società con conseguente attribuzione di patrimoni o della società». La sentenza di appello, invece, ha ritenuto che l’importo di € 116.823,00 è composto da IRES anticipata e da IRAP (già riportate tra le imposte indeducibili) tra le variazioni in diminuzione al rigo RF 54 nel loro complesso e non nella quota deducibile per legge, omettendo di considerare la questione del procedimento dei ristorni ai soci in quanto non chiarito nel ricorso e «non spiegato in sede di appello».

  1. Il motivo è, pertanto, ammissibile, sotto il profilo della censurata violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., stante il disposto dell’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., posto che, trattandosi di «doppia conforme» (l’atto di appello è stato depositato in data 29 gennaio 2014), sono state indicate le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774).
  2. Il motivo è fondato, posto che il fatto omesso (la circostanza che gli importi indicati tra gli importi in diminuzione non comprenderebbero le imposte IRES e IRAP, atteso anche il diverso importo di queste ultime rispetto alla voce indicata come ristorno dalla società contribuente) ha determinato l’esito della causa, che diversamente – ove fosse stato considerato – avrebbe condotto a una diversa decisione, apparendo decisivo valutare, nell’economia della motivazione assunta dal giudice di appello, la composizione della voce esposta al rigo RF della dichiarazione della società contribuente. E’, pertanto, assorbito l’esame della censura proposta dal ricorrente per violazione di legge.
  3. Il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione.

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  1. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.