IL RIMBORSO DELL’ADDIZIONALE IRPEF NON DOVEVA ESSERE NEGATO ALL’AMMINISTRATORE DI SPA
PROCESSO TRIBUTARIO A seguito di diniego di rimborso dell’imposta addizionale IRPEF sugli emolumenti dei dirigenti la società per azioni ricorreva in commissione tributaria provinciale, che confermava le ragioni della ricorrente. L’Agenzia delle Entrate riproponeva, però, le proprie doglianze in appello. Vittoria della società contribuente anche in secondo grado. Studio legale Tributario Pirro Milano studiopirro@libero.it 3475404943 IL PROCESSO Sentenza n. 3949 del 2019 della Commissione tributaria Regionale della Lombardia Con ricorso depositato in data 11 gennaio 2017, L. G. S.p.A. ha impugnato il diniego di rimborso dell’imposta addizionale IRPEF sugli emolumenti dei dirigenti, prevista dall’art. 33 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, relativa al periodo di imposta 2011, emesso in data 21 ottobre 2016. Dopo aver messo in luce che l’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 aveva previsto l’assoggettamento delle forme di retribuzione variabile degli amministratori di società ad un’addizionale IRPEF pari al 10%, al ricorrere di specifiche condizioni, la ricorrente ha asserito che in relazione all’esercizio 2011 aveva trattenuto e versato l’importo di euro 149.040,60 riferito alla retribuzione del proprio amministratore R. C.. Peraltro, a seguito di successiva verifica, ritenendo che le somme non fossero dovute, la L. G. s.p.a. ha chiesto il rimborso di quanto versato e, a fronte del provvedimento di rigetto, ha proposto ricorso deducendo l’errata individuazione del presupposto dell’imposizione addizionale IRPEF sugli elementi variabili, poiché la stessa avrebbe dovuto applicarsi solo ai soggetti operanti nel settore finanziario e non a quelli che svolgono la loro attività nelle holding industriali, quale doveva essere considerata la ricorrente. Ha concluso, chiedendo che venisse dichiarato illegittimo l’atto impugnato, con conseguente condanna dell’Agenzia delle Entrate al rimborso dell’importo di euro 149.040,60, oltre ad interessi. Con memoria depositata in data 7 febbraio 2017 si costituiva l’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Lombardia contestando l’interpretazione delle condizioni di applicazione dell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 effettuata dalla ricorrente e ribadendo che nel settore finanziario dovevano essere comprese anche le società che avessero fra le loro attività quelle di assunzione di partecipazione, vale a dire le società holding. La CTP di Milano accoglieva il ricorso e disponeva il rimborso dell’importo richiesto. Rilevavano i primi giudici come l’ufficio avesse opposto il diniego di rimborso dell’imposta addizionale IRPEF sugli emolumenti dei dirigenti della società ricorrente, prevista dall’art. 33 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, relativa al periodo di imposta 2011, emesso in data 21 ottobre 2016. La richiesta di rimborso era fondata sulla ritenuta inapplicabilità della norma alle holding industriali, quale era da considerare la ricorrente. Rilevavano ancora che l’art. 33 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, prevedeva che “1. In dipendenza delle decisioni assunte in sede di G20 e in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate sotto forma di bonus e stock options, sui compensi a questo titolo, che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione, attribuiti ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nello stesso settore è applicata una aliquota addizionale del 10 per cento. 2. L’addizionale è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione dei suddetti emolumenti e, per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, è disciplinata dalle ordinarie disposizioni in materia di imposte sul reddito. 2-bis. Per i compensi di cui al comma 1, le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano sull’ammontare che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione”. La disposizione era stata dettata, in relazione ad accordi internazionali, per omogeneizzare il trattamento fiscale delle retribuzioni e dei compensi nell’ambito del settore finanziario. Trattandosi di norma di deroga al regime ordinario l’applicazione doveva essere riferita al solo settore che il legislatore aveva inteso disciplinare in modo speciale. Al fine di fornire criteri applicativi omogenei, l’Agenzia delle Entrate aveva emanato una circolare con la quale aveva asserito che nel settore finanziario rientravano le banche, gli intermediari finanziari e le società la cui attività consistesse in via principale o esclusiva nell’assunzione di partecipazioni in base alla previsione dell’art. 59, co. 1, lett. b del D. Lgs. n. 385 del 1993 (Circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011). Sempre secondo la CTP la Circolare dell’Amministrazione finanziaria era elemento utile ai fini dell’interpretazione delle norme e, sicuramente, vincolante per gli uffici finanziari, anche per evitare difformità comportamentali. Tuttavia non poteva considerarsi fonte del diritto e non era idonea a vincolare il giudice, trattandosi di atto privo di valenza normativa. Nel caso di specie, l’interpretazione della norma fornita dalla Circolare non era condivisibile poiché ampliava in modo indebito la nozione di settore finanziario, come, peraltro, era stato sottolineato dalla Corte costituzionale che aveva ritenuto la norma non in contrasto con la Costituzione poiché la “ragione che ha indotto il legislatore a prevedere il prelievo addizionale di cui alla disposizione censurata, ossia l’intento – coerente con il coevo atteggiamento manifestatosi a livello internazionale – di scoraggiare modalità remunerative variabili considerate pericolose per la stabilita finanziaria” (Corte Cost. 16 luglio 2014, n. 201). Il riferimento al mercato finanziario e la finalità della norma escludevano, pertanto, che l’obbligo fosse applicabile a soggetti diversi da quelli individuati dalla disposizione e, in particolare per quanto di interesse in questa sede, ai dipendenti ed amministratori delle holding che operano nel settore industriale. Fondata era quindi la richiesta di rimborso di L. G. S.p.A. per l’importo di euro 149.040,00. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle entrate che con un unico motivo censurava la decisione per non aver ricompreso nell’ambito del settore finanziario anche le holding industriali, quale è la società L. G. spa. I MOTIVI In particolare, secondo l’Ufficio appellante, che richiamava la Circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011, in mancanza di una espressa definizione di “settore finanziario”, il citato art. 33 DL. 78/2010 andava interpretato facendo “necessariamente riferimento alle norme in vigore al momento in cui l’addizionale .. è stata introdotta” (cioè 31 maggio 2010), con l’effetto che dovevano ritenersi assoggettate all’addizionale Irpef del 10% anche le holding industriali: -in base al D.lgs. 87/1992 (Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari) che, all’art. 1, vigente alla data del 30 maggio
